giovedì 26 febbraio 2009

La dose

Le maestre di danza parlano in prima persona. Non usano quasi mai l’imperativo, né la terza persona. “Piego!” e “Stendo!” e “Tiro la punta!” Credo sia dovuto al fatto che sentono ciò che le allieve fanno su di sé, sul proprio corpo, per averlo fatto in passato, per il fatto di desiderare di farlo ancora, in eterno.

Credo sia per questo che anch’io, quando insegno, tendo a usare la prima persona. In parte è dovuto all’influenza dalla danza e in parte al fatto che sento tutto su di me. Insegno solo cose che ho imparato a mia volta e che non smetto né smetterò mai di studiare, e quindi trovo insensato non mettermi in gioco.

Questa cosa, ad esempio, dello scrivere di sé. L’ho chiesto perché l’ho fatto, a mia volta, e perché lo faccio ancora. Per questo so che è difficile e per questo so che è divertente, e appagante.

Quante bugie ci sono in quel che si racconta di sé? Ho davvero studiato danza? Mi chiederei piuttosto: ha davvero importanza? Forse no. Che differenza farebbe se al posto di aver studiato danza avessi praticato nuoto, o atletica leggera? Nessuna, al fine della trama. Infinite, invece, nella definizione della mia persona.

È allora una questione di dosi? Quanta realtà? Quanta menzogna? Si dovrebbe cercare la propria ricetta.

giovedì 5 febbraio 2009


There's no such thing as autobiography.
There's only Art and Lies.
Jeanette Winterson