mercoledì 1 febbraio 2012

La famiglia Winshaw, J. Coe

Sempre 2004. Di questo si parlava di recente ipotizzandone l'inserimento nel corso della LM. Quanto vorrei potermi permettere di ricominciare a leggere quello che ho voglia di leggere...

Divertente, agghiacciante, rivelatore, analitico, raffinato, ironico, grottesco, colto, conturbante, stimolante, raccapricciante, sconvolgente, questo e altro ancora è La Famiglia Winshaw.

Coe non si limita ad accendere la luce ma punta uno spietato occhio di bue sui responsabili. Di cosa? Della povertà, della miseria, della tristezza, della frustrazione, dell’invincibile cancro che divora la società moderna che Coe ci tratteggia nella sua triste e castrata mitezza carica di sconforto, offuscata dall’ombra incombente di quei già citati responsabili.

Un’opera politica, letteraria, artistica, cinematografica, filantropica. Un’opera che supera il postmoderno perché ne prende i caratteri fondamentali e li farcisce di contenuti sociali, su cui riflettere e ragionare. E’ una ricca pietanza indigesta, questo libro, da mandar giù con un annacquato vino da pessima trattoria che è la triste e vera realtà che ci mostra attraverso quegli specchi, così fondamentali nel romanzo.

Non è un giallo, come non lo è Gosford Park, non è una biografia, come non lo è quella di Alice Tocklas, non è un documento politico né un documento di denuncia. È un brandello del mondo contemporaneo al microscopio. Più naturalista del migliore Zola, più grottesco di Dickens, Coe è una meravigliosa sorpresa.

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